In epoca vittoriana, la vergogna per il corpo e la nudità furono tali che le donne iniziarono a coprirsi tutte le parti del corpo che potevano essere viste, ad eccezione dei volti. L’ordinario abito da donna consisteva in diversi strati di sottogonne che avevano l’obiettivo di impedire di mostrare anche solo il contorno della figura.
I vestiti si estendevano dal collo alla punta dei piedi e gli scialli erano indossati per impedire persino di intravedere il contorno delle spalle. Cappelli e cappucci di pizzo coprivano la testa e la nuca.
Anche in occasione di cene di gala o feste, le donne indossavano guanti con o senza dita per evitare che le mani potessero provocare sentimenti di lussuria.
Gli uomini indossavano pantaloni larghi e il galateo richiedeva, nelle occasioni formali, camicia, gilet e cappotto. Questi spesso erano realizzati a più strati sopra il resto dei vestiti.
Anche i cappelli erano molto in voga, poiché era ritenuto vergognoso tenere la testa scoperta.
La nudità era percepita come immorale e offensiva e persino i costumi da bagno dovevano coprire uomini e donne dalla testa ai piedi.
Le donne, sebbene completamente coperte, non dovevano essere viste in pubblico in costume da bagno.
All’epoca le spiagge furono separate per genere e furono utilizzate le cosiddette “macchine da bagno”.
Queste erano strutture di legno, coperte di tela e dotate di ruote, che venivano portate fin dentro il mare e consentivano alle donne di godersi il bagno.
Queste accedevano all’interno delle macchine, si sfilavano i loro abiti da strada e indossavano i costumi da bagno; a quel punto la macchina veniva trasportata in acqua, alcuni metri oltre la riva. A quel punto le donne potevano uscire da questa sorta di cabina da spiaggia mobile attraverso alcuni gradini ed erano finalmente in grado di fare il bagno, coperte alla vista della spiaggia dalla macchina stessa. Quando erano pronte a tornare a riva, utilizzando una bandierina di segnalazione, comunicavano agli addetti il messaggio e la richiesta di poter rientrare sulla terraferma. A quel punto entraravano nella macchina che di nuovo veniva sollevata e riportata a riva.
Anche il linguaggio di tutti i giorni fu adattato per soddisfare gli standard culturali vittoriani. La parola “seno” e “petto” non erano consentite, e un petto di pollo veniva semplicemente chiamato “carne bianca”.
Anche l’arte in quegli anni soffrì. Le opere di Shakespeare furono riscritte e sostituite all’originale da un suo alter ego vittoriano. Tutti i riferimenti al corpo o alla sessualità vennero rimossi. I dipinti contenenti nudi furono proibiti, a meno che non rappresentassero cherubini innocenti. Le statue di epoca greca e romana che ritraevano e celebravano con gioia il corpo umano furono modificate con foglie di fico, con un telo o addirittura mutilate.
Probabilmente il trattamento peggiore dell’epoca fu riservato alle varie culture native, abitanti in luoghi remoti, ad opera di missionari e coloni della Gran Bretagna. Senza nessun riguardo per le diverse culture, abitudini e tradizioni dei popoli africani e indiani, gli inglesi dell’era vittoriana insistettero che i nativi si conformassero alle loro richieste e indossassero abiti simili ai loro.
Non solo forzarono le loro scelte di abbigliamento su questi popoli orgogliosi, ma li punirono in caso di mancato rispetto delle loro linee guida. I nativi furono indotti alla vergogna e all’imbarazzo quando apparivano in abiti tribali o nudi.
Alcuni popoli tribali, non abituati ad utilizzare l’abbigliamento, non avevano idea di come ripararli e pertanto spesso li indossavano a brandelli e strappati.
Allo stesso modo questi non avevano alcuna capacità di produrne di nuovi e quindi continuavano a indossare gli stessi fino al completo dissolvimento del tessuto; iniziarono a non fare più il bagno per paura di danneggiare i vestiti e quindi cominciarono a presentarsi rilevanti problemi di igiene e di parassiti. In questo modo, proprio come gli europei, iniziarono a ammalarsi e a morire.
Malattie e morte dilagarono nell’Inghilterra vittoriana, e poi nelle zone dell’Africa e dell’India occupate dagli inglesi.
Come dopo qualsiasi cambiamento culturale, ci fu una forte reazione negativa all’istillazione della vergogna del proprio corpo. Thomas Carlyle, uomo istruito e sostenitore del nudismo, scrisse una tesi di laurea nella quale sfidava a ribellarsi alle norme dell’epoca. Questa dissertazione sollevò la discussione sull’argomento sia in ambito religioso che di morale pubblica.
Carlyle teorizzò che le persone sarebbero state più sane e felici se avessero abbandonato i vestiti e le abitudini vittoriane. Benjamin Franklin, in occasione di una visita ufficiale dall’America, scrisse a proposito dei benefici di salute apportati dal bagno d’aria e d’acqua. Lo stesso è stato spesso visto nuotare nudo nel Tamigi. In Svizzera, molti noti medici che stavano curando l’epidemia di tubercolosi che attanagliava l’Inghilterra e l’Europa scrissero a proposito dei benefici della luce solare e dell’aria sul corpo nudo.
Le teorie vittoriane cominciavano a mostrare evidenti crepe e la fine dell’epoca avanzava a grandi passi.